martedì 3 settembre 2013

Siria, una guerra alla capacità critica?

Siria, una guerra alla capacità critica?

Il probabile attacco militare che l'Occidente si prepara a sferrare contro la Siria, "coerente" seguito all'attacco terroristico già in corso d'opera dal 20111, racchiude elementi inquietanti sulla capacità critica dell'opinione pubblica occidentale a percepire ed analizzare la logica e la successione degli eventi.

E' tutt'altro che raro, nella storia dell'Europa e degli Stati Uniti in particolare ma di tutti i popoli del mondo in generale, che l'opinione pubblica di un paese percepisca i fatti di contesti lontani in modo parziale, vuoi per la tendenza di chi riceve l'informazione, tutto sommato naturale, a voler aggiustare gli accadimenti in modo da sentirsi dalla parte della ragione, vuoi per una distorsione volutamente applicata da chi produce l'informazione al fine di compattare i destinatari della stessa intorno a una causa cara al [presunto] interesse nazionale.

Lo studio della storia permette spesso di guardare indietro di anni a un determinato evento con una prospettiva diversa e forse più onesta e ragionevole rispetto a chi quell'evento lo aveva vissuto a caldo e senza spazi di discussione adeguata, ragion per cui diventa più facile, grazie a un libro o alla raccolta di documenti a posteriori, farsi di un accadimento storico un'opinione del tutto differente rispetto a chi quell'accadimento lo aveva vissuto pur trovandosi dallo stesso lato della barricata. Per fare un esempio è abbastanza facile che un russo dei nostri tempi esprima un giudizio negativo sull'aggressione sovietica alla Finlandia del 1939-40 e che un sudafricano bianco di oggi condanni il regime dell'apartheid attuato in passato nel suo paese in quanto il russo e il sudafricano di oggi hanno a disposizione elementi tali da conferire loro una possibilità di un giudizio maggiormente ponderato su quei fatti rispetto ai loro omologhi del passato che possono essere stati favorevoli vuoi all'aggressione contro la Finlandia piuttosto che alla ghettizzazione dei sudafricani neri.

Ciò che sorprende è che, a dispetto delle lezioni accumulate e delle esperienze dirette che i cittadini occidentali hanno fatto in questi ultimi anni in campo di eventi drammatici, alla maggior capacità di ponderare i giudizi sul passato non faccia seguito una maggior lucidità, o perlomeno una maggior prudenza, nel ponderare i giudizi sul presente. Ciò che accade, e come anticipato la Siria ne da un clamoroso esempio, è un reiterare l'antico errore umano di giudicare un fatto troppo frettolosamente per poi accorgersi ad anni di distanza di aver commesso un tragico sbaglio quando, alla luce del retaggio storico e delle capacità e della cultura acquisite, si sarebbe fin dall'inizio potuto maturare un'idea ben più consona.

Per esempio la maggior parte di coloro che stanno leggendo si ricorderanno della Guerra del Golfo del 1991 o almeno avranno studiato quel conflitto inquadrandolo come evento contemporaneo a noi estremamente vicino.
All'epoca l'opinione pubblica europea e nordamericana era schierata in modo quasi monolitico a favore della guerra all'Iraq per motivazioni basilari ufficiali, ossia la necessità di scacciare un nemico, Saddam Hussein, che aveva invaso senza alcuna giustificazione lo stato sovrano del Kuwait. Nel corso di questa occupazione inoltre gli iraqeni si sarebbero macchiati di crimini terribili, cosa che ancor di più pesava a favore di un intervento armato di vasta proporzione.
Il passare degli anni ha portato alla luce in primo luogo la povertà di quelle motivazioni e messo in rilievo le vere ragioni del conflitto da parte occidentale, quali la necessità di preservare il petrolio del Kuwait, salvaguardare il ruolo filo-occidentale dell'Arabia Saudita nel Golfo Persico e impedire la risoluzione del contenzioso sullo Shatt-el-Arab tra Iraq e Iran scongiurando così un pericoloso asse Baghdad-Teheran.
Inoltre sono emerse con grande imbarazzo dell'Occidente le oggettive ragioni dell'Iraq, comprensibilmente indispettito dalle probabili trivellazioni oblique di uno stato confinante ostile volte a spillare (o meglio, rubare) petrolio dai pozzi iraqeni2 e sulle quali la comunità internazionale non si espresse. Le accuse di crimini perpetrati dai soldati di Baghdad contro il Kuwait si sono inoltre rivelate essere falsità accuratamente artefatte dagli alleati prima della campagna militare3.

A distanza di qualche anno, immemore di questa terribile gaffe che la portò a schierarsi dalla parte sbagliata, l'opinione pubblica dell'Occidente ha ripetuto il medesimo errore sia prendendo posizione contro l'Afghanistan (2001) che nuovamente contro l'Iraq nella seconda guerra a quel paese (2003).
In entrambi i casi si credette frettolosamente alle motivazioni ufficiali dei conflitti accettando l'immagine di quei paesi quali sostenitori del terrorismo internazionale islamico e potenzialmente in grado di lenire ulteriormente l'incolumità dei paesi occidentali.
Pochi anni dopo gli elementi emersi hanno ampiamente documentato che non solo l'Afghanistan dei Taliban e l'Iraq di Saddam Hussein erano ben lontani dall'essere un santuario del terrorismo, ma che addirittura quest'ultimo altro non era che uno strumento diretto da apparati dell'Occidente stesso al fine di destabilizzare il Medioriente4.

In ordine di tempo l'esempio storico più vicino sul quale basare le proprie riflessioni è costituito dalla guerra contro la Libia di Muhammar Gheddafi e la sua Giamahiria. Se negli esempi citati in precedenza è stato necessario qualche anno di sedimentazione e raccolta delle informazioni per capire come la realtà fosse drasticamente diversa rispetto a quanto ufficialmente raccontato mentre gli eventi si svolgevano, nel caso della Libia sin dall'inizio si è avuta ben chiara la sensazione che qualcosa non andasse e che il quadro ufficiale fosse un barcollante castello di falsità tra le cui mura sono fin da subito filtrate le verità oggettive della situazione sul campo. Rispetto a quanto si è raccontato sui giornali e le tv in quei mesi del 2011, e che verrà riportato sui libri di storia, sin da subito si è in realtà capito che la sommossa armata contro Gheddafi era stata integralmente portata avanti da mercenari stranieri5 i cui unici sponsor locali erano un manipolo di estremisti islamici o nostalgici della monarchia pre-rivoluzionaria. La OTAN aveva giustificato il proprio intervento militare con la necessità di proteggere la popolazione libica dalla ferocia della repressione del regime di Gheddafi quando in realtà era sin troppo chiaro che quella popolazione libica che si voleva proteggere era invece compattamente schierata dalla parte del Colonnello e che la OTAN stava invece spingendo per un regime change favorevole agli interessi petroliferi, strategici e di governance mondialista dei propri membri.

Con un simile bagaglio di esperienze storiche alle spalle, alcune delle quali recentissime, la capacità di giudizio di un'opinione pubblica dovrebbe essersi fatta particolarmente acuta, sottile, impossibile da ingannare a meno di clamorose maccinazioni.
E invece oggi, nonostante la potenziale capacità critica acquisita, la memoria del passato recente e non, il ventaglio di informazioni disponibili, la pubblica opinione occidentale si appresta a commettere un altro drammatico errore avallando un prossimo intervento militare contro la Siria socialista. Tutti sappiamo ormai che le informazioni forniteci dai promotori di un conflitto nelle fasi che precedono lo stesso si rivelano nel tempo menzogne artefatte: Iraq, Afghanistan e Libia docent. A questo si aggiunga che già oggi, senza che sia necessaria una riflessione per i prossimi anni, si sa con certezza che in Siria non è in atto alcuna guerra civile tra lealisti e ribelli, ma una guerra tra siriani e infiltrati stranieri6 in cui i primi cercano legittimamente di reprimere i secondi, agenti di un potere estero che ha sin qui cercato con la violenza di scalzare un governo scomodo alla propria agenda. Nemmeno reggono le giustificazioni di tipo umanitario, del resto già utilizzate e poi smentite sia nel contesto iraqeno che in quello libico, a proposito di un presunto utilizzo di armi chimiche da parte dell'esercito siriano in una fase del conflitto in questo si trova in netta posizione di forza7.

Terminata la carrellata dei retaggi storico-culturale che nella normalità dovrebbe portare alla costruzione di opinioni in una certa direzione, occorre prendere atto che questo purtroppo non avviene e dall'umano errare si cade nel diabolico perseverare. Ma un aspetto ancora più inquietante è che l'opinione pubblica occidentale sembra aver sviluppato un anticorpo semplice ma efficiace a queste tragiche e frequenti amnesie e miopie. Un anticorpo che agisce nella coscienza e va a lenire l'inevitabile senso di colpa e il rimorso che si dovrebbero provare quando ci si rende conto di aver assunto una posizione così terribilmente sbagliata a fronte di fatti tanto decisivi nella vita di tutta l'umanità. E questo anticorpo altro non è che l'oblio, oblio misto a disinteresse che insieme costituiscono una vera fuga dalla realtà. Questo modo di agire, che si riflette nel rapido e costante disimpegno dell'opinione pubblica dalla cosa pubblica, consente al singolo e alla massa di evitare il confronto coi fatti delegando ad altri la responsabilità della scelta e delle conseguenze che ne derivano contribuendo in modo determinante a impoverire di significato l'esercizio della politica8 e a lasciare in poche e inaffidabili mani gli affari nazionali e popolari.


1http://www.informarexresistere.fr/2013/08/29/la-vera-storia-della-siria-2/
2http://www.larapedia.com/storia-guerre/seconda-guerra-del-golfo.html
3http://www.disinformazione.it/venderelaguerra.htm
4http://www.youtube.com/watch?v=oFuUfCOPYI4; http://www.disinformazione.it/bzrezinski.htm
5http://www.wallstreetitalia.com/article/1218700/libia-portavoce-gheddafi-catturati-mercenari-stranieri.aspx
6http://aurorasito.wordpress.com/2013/07/02/qatar-fantoccio-degli-usa-nella-guerra-terroristica-alla-siria/; http://www.statopotenza.eu/7126/la-siria-e-la-trappola-israeliana
7http://www.adnkronos.com/IGN/News/Esteri/Siria-Damasco-sopralluogo-ispettori-Onu-rinviato-per-colpa-ribelli_32530955257.html

8Beninteso che chi scrive considera questo impoverimento non tanto una stortura del sistema quando un suo fine scientificamente perseguito

4 commenti:

Marcusdardi - Menestrello ha detto...

Il problema oggi è che le persone, pur essendo consapevoli delle porcherie che i grossi potentati economici stanno facendo, sono stordite, dai problemi quotidiani di sopravvivenza. Prima c'è lo stress sul lavoro, poi problemi con il traffico per tornare a casa, poi per preparare cena e affini, e per l'informazione c'è solo qualche piccolo flash captato dai notiziari. Chi è consapevole sa che non può fare quasi nulla e tutto sembra uno show televisivo....forse fino al grande BOOM finale...poi ci sveglieremo????

barbaranotav ha detto...

analisi esemplare e semplicemente veritiera, purtroppo. Mostra quanto siamo miseri celebralmente...

Simone ha detto...

@ Marco

Capisco la situazione che descrivi. Ma aggiungo che fede e volontà spianano le montagne. Oggi ho timbrato l'entrata al lavoro alle 6.00 e l'uscita alle 18.30 in continuato eppure ora eccomi qui. Dove sono altre persone che hanno fatto molto meno? Perché, proprio a causa del poco tempo disponibile, non ne migliorano l'uso in termini di qualità?

Simone ha detto...

@ Barbara

Rieccoti sorellina.
Ti avevo proposto la newsletter o siamo a posto così? Pian piano sto tornando...